Principali dinamiche che interessano il Trasporto Pubblico Locale e aree di intervento per imprimere nuovo slancio a un settore determinante per la crescita del Paese
La qualità del trasporto pubblico locale si riflette in misura significativa sulla competitività del Paese. L’Italia, anche a causa di un sistema di trasporto pubblico inadeguato, sopporta un costo associato alla congestione che il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti stima pari a € 11 mld nel 2011.
Le inefficienze del TPL gravano sulle finanze pubbliche, sia in quanto il trasporto rappresenta per le Regioni la seconda voce di spesa dopo la sanità, sia perché, con gli attuali meccanismi di allocazione delle risorse, le inefficienze delle aziende pubbliche di TPL ricadono sui bilanci degli Enti Locali di riferimento. Inoltre, una mobilità urbana e periurbana inadeguata impone ai cittadini costi aggiuntivi che contribuiscono a deprimere la domanda interna, già condizionata dalla congiuntura economica.
Il maggiore utilizzo dell’auto per gli spostamenti all’interno delle città italiane di medie-grandi dimensioni, connesso all’inadeguatezza della rete di TPL e alla bassa qualità del servizio offerto, rappresenta per le famiglie italiane un extra-costo rispetto alla media europea stimato pari a circa € 6 mld/anno, una sorta di spread della mobilità inefficiente.
Nonostante le difficoltà del settore e un livello medio del servizio non in linea con gli standard europei, in coincidenza dell’inizio della crisi economica, a fronte di una generale contrazione della domanda di mobilità la quota relativa al TPL risulta in crescita. Questo fenomeno – che evidenzia come la recessione abbia da un lato ridotto l’esigenza di spostamenti, dall’altro portato gli individui che scelgono di muoversi a prediligere all’auto il meno costoso mezzo pubblico – pur non potendo essere considerato il segnale di un cambio modale in senso proprio, rappresenta per l’Italia un’opportunità rilevante per la competitività e lo sviluppo.
Un aumento dell’incidenza del mezzo pubblico sugli spostamenti urbani rappresenta un obiettivo di interesse generale di rilievo in ragione non soltanto del beneficio economico atteso, ma anche delle ricadute positive che una mobilità meno “auto-centrica” avrebbe sull’ambiente, sulla salute e sull’impiego efficiente delle risorse energetiche.
Soprattutto nei grandi centri urbani, infatti, un’offerta efficiente, ovvero in grado di garantire un opportuno livello di accessibilità delle aree urbane e periurbane con servizi affidabili e di qualità, è in grado di attrarre nuova domanda e, per questa via, avviare una fase di rilancio del settore.
Una misura sintetica dell’adeguatezza dell’offerta di TPL in Italia può essere dedotta dal confronto tra la rete metropolitana nazionale e quella rilevata nei principali Paesi europei. In questo caso, il ritardo del nostro Paese è evidente sia in termini di numero di linee, sia con riferimento all’estensione della rete, se si considera che Londra ha un numero di linee della metropolitana maggiore del totale italiano e una lunghezza della rete più che doppia.
L’analisi dell’offerta tuttavia, deve considerare accanto alle reti anche il materiale rotabile. In questo caso, oltre al dato meramente quantitativo, ovvero il numero delle vetture in circolazione, occorre valutare la “qualità” dei mezzi, deducibile, in prima battuta, dall’età media dei veicoli.
Il parco mezzi su gomma in Italia si caratterizza infatti per un’età media molto elevata (pari a 11,6 anni rispetto a un valore medio europeo di 7 anni) e che non accenna a ridursi: il 2012 rappresenta il settimo anno consecutivo in cui si registra la crescita di tale indicatore. Questa dinamica, chiaramente connessa alla difficoltà delle aziende di realizzare investimenti sulle flotte in una congiuntura caratterizzata dal taglio delle risorse in conto capitale, rileva in modo significativo in quanto condiziona negativamente la domanda e incide sui costi operativi delle aziende del trasporto, generando un aumento dei costi medi di manutenzione connesso alla vetustà dei veicoli.
In un contesto caratterizzato da un elevato fabbisogno di investimenti necessario per realizzare un recupero qualitativo dell’offerta, tuttavia, si rileva un elemento apparentemente contrastante rappresentato dal coefficiente di occupazione dei mezzi di trasporto pubblico locale (c.d. load factor) che, sebbene in crescita (tra il 2007 e il 2012 il load factor totale segna un aumento di 1 p.p.), assume ancora un valore estremamente basso: nel 2012 il load factor del TPL italiano non raggiunge il 25%, evidenziando come meno di un quarto dell’offerta di trasporto pubblico locale venga realmente utilizzata.
Ciò suggerisce che, in termini quantitativi, in l’Italia l’offerta di trasporto pubblico sia superiore alle reali necessità della domanda. Il tema sembrerebbe allora riguardare più una opportuna riorganizzazione delle attuali modalità di offerta, che non un incremento quantitativo in particolare con riferimento al rapporto tra le grandi aree urbane e i centri di dimensioni minori.
Il riequilibrio tra domanda di trasporto pubblico e offerta di servizi è, dunque, una precondizione per qualsiasi processo di risanamento del settore. Indipendentemente infatti dal modello di sviluppo che si immagini per il TPL in Italia, è evidente come un miglior rapporto domanda/offerta abbia ripercussioni significative non soltanto sulla qualità del servizio, ma anche sulla redditività delle aziende, già compromessa dal taglio delle risorse pubbliche e dagli elevati livelli di inefficienza che, in molti casi, caratterizzano le gestioni.
A rendere ancor più difficile la gestione del servizio di trasporto pubblico locale contribuisce, inoltre, un quadro normativo complesso e instabile caratterizzato dalla presenza di un numero molto elevato di provvedimenti spesso disarmonici.
Il processo di industrializzazione del TPL, dunque, sembra oggi allo stesso tempo indispensabile e di là da venire. Nonostante i numerosi tentativi adottati dal Legislatore per introdurre elementi di efficienza e concorrenza nel settore, infatti, il trasporto pubblico continua a essere caratterizzato da significative criticità di carattere normativo, industriale ed economico. Urge un’azione decisa sulle imprese, che devono recuperare il controllo delle proprie leve di ricavo e assumere una piena responsabilità gestionale.
Il costo del “non intervento” è troppo elevato. Rallentare il processo di cambiamento e frenare gli investimenti necessari al settore del TPL significherebbe rinunciare a circa € 17,5 mld di valore aggiunto e a 465 mila nuove unità di lavoro. Sono numeri importanti e che, in particolare nella congiuntura economica attuale, assumono un significato unico, assegnando al settore il ruolo di volano per la crescita del Paese.