Il sistema portuale e logistico italiano nel contesto competitivo euro-mediterraneo: potenzialità e presupposti per il rilancio
Il sistema portuale italiano, caratterizzato da una posizione geografica favorevole e da un numero elevato di scali portuali commerciali, non soltanto stenta ad intercettare flussi di traffico che non siano diretti/originati in Italia ma, in parte, le stesse imprese italiane si affidano a scali esteri per la movimentazione dei propri prodotti o l’approvvigionamento di materie prime e semi-lavorati.
Rispetto ad un mercato potenziale che potrebbe, teoricamente, giungere fino alla Baviera ed estendersi alle economie emergenti dell’Est - con un effetto dirompente sulla possibilità del sistema portuale italiano di acquisire centralità nel mercato europeo - il bacino di riferimento per la portualità italiana è oggi sostanzialmente fermo al di sotto dell’arco alpino.
Tutto ciò contribuisce a determinare un elevato costo per il Sistema Italia che, in particolare in una congiuntura complessa come quella attuale, riduce in misura significativa la competitività del Paese imponendo alle imprese nazionali costi logistici più elevati rispetto alla media europea dell’11% circa, tale asimmetria si traduce in un disavanzo di competitività sul fatturato industriale stimato in circa € 12 mld.
Si tratta, tuttavia, di una distanza in gran parte colmabile intervenendo sulle criticità operative e sulle inefficienze di sistema.
La sfida che il sistema portuale italiano è chiamato ad affrontare è proprio questa: rafforzarsi per competere in uno scenario che, nel tempo, è sempre più complesso e articolato. Negli ultimi anni, infatti, il quadro di riferimento è mutato profondamente e la competizione internazionale si è inasprita:
L’insieme di questi elementi, rende conto di un sistema che richiede interventi incisivi a sostegno della competitività. In particolare, ciò che sembra oggi penalizzare il sistema portuale e logistico nazionale è la percezione diffusa fra gli operatori internazionali che quello italiano sia un sistema poco affidabile.
Tale percezione si traduce nel fatto che, in molti casi, le grandi shipping company prediligano, per la movimentazione di carichi fra Europa e Far East, i porti del Nord Europa piuttosto che, ad esempio, quelli del Nord Tirreno, rinunciando così a un significativo risparmio in termini di tempi di navigazione.
Questa scelta, apparentemente illogica, trova fondamento nei tempi e nei costi dei servizi di terra e dei collegamenti con i centri di produzione/consumo. In queste circostanze gli operatori tendono a privilegiare la maggiore prevedibilità che consente una migliore e più efficace programmazione logistica. Si tratta di un interessante esempio di come, in molti casi, l’affidabilità del servizio prevalga su altri elementi di valutazione come, ad esempio, un vantaggio potenziale in termini di riduzione del numero di giorni necessari per il trasporto.
Ad oggi le principali criticità del sistema portuale e logistico italiano riguardano aspetti:
In questo contesto, appare evidente la necessità di concepire le infrastrutture logistiche come un unicum di nodi e reti, adeguatamente interconnesse e dimensionate, che consentano una movimentazione dei carichi quanto più possibile fluida e priva di colli di bottiglia.
E’ auspicabile, inoltre, a partire da una classificazione degli scali portuali che tenga conto di parametri quali dimensione, specializzazione e localizzazione, concentrare gli interventi sugli scali che svolgono (o potrebbero svolgere) il ruolo di porta d’accesso alla core network del trasporto europea per le merci movimentate sulla rotta Europa-Far East.
Occorre individuare criteri di priorità per la selezione degli interventi che superino l’approccio tradizionale orientando le scelte di intervento in funzione di un’analisi puntuale dalla domanda di trasporto e privilegiando, almeno in una prima fase, interventi mirati, non necessariamente di grandi dimensioni, di cui sia però verificato ex ante il valore aggiunto a livello di sistema.